[NFL] The suck for Luck sweepstakes
Dietro il nome insolito riportato nel titolo c’è una definizione abbastanza banale. Con esso si identifica infatti quel movimento teorico in cui le franchigie NFL in cerca di un QB per il futuro dovrebbero giocare peggio (‘suck’ = ‘fare schifo’) per accaparrarsi il miglior prospetto del draft 2012, Andrew Luck (‘suck for Luck’ = ‘fare schifo per avere Luck’), il playcaller di Stanford.
Innanzitutto bisogna spiegare l’aggettivo “teorico”. Tale inclinazione è totalmente mortifera per una squadra NFL. Il sistema economico della lega scoraggia un comportamento del genere, che ovviamente toglie grandissima parte dello spettacolo e fa disaffezionare i supporter, che non vanno allo stadio e che quindi non potrebbero nemmeno guardare in TV la partita, che può essere trasmessa nell’area del tale team solo se il tale stadio è sold-out. E’ capitato a Miami lo scorso weekend, quando nemmeno l’homecoming di Tim Tebow è riuscito a riempire il Sun Life Stadium, costringendo gli sponsor dei Dolphins a garantire per i rimanenti tagliandi, per evitare che nessuno guardasse la squadra.
Continuiamo con Miami; Jason Taylor si è detto oltraggiato dall’idea che qualcuno possa dire che i suoi vogliano partecipare al ‘suck for Luck’. Ed in effetti il linebacker ha ragione, perchè il football non è sport in cui puoi perdere apposta. Se il runningback corre male, può infortunarsi, così come se un difensore si mette a placcare senza la necessaria tecnica.
Perdere intenzionalmente si sposa anche poco con l’etica del lavoro e lo spirito di squadra in un gioco che prevede naturalmente che tutti paghino per il più piccolo errore di un solo individuo. Per non parlare degli effetti devastanti sullo spirito di squadra, che magari si prende Luck ma che deve fare i conti con altre 50 persone arrabbiatissime dalla stagione precedente, che renderebbero al minimo delle loro possibilità. Se Cameron Wake non ferma l’attacco avversario, Luck la palla non la prende mai, sempre per stare in tema Dolphins.
Dipanata la matassa del termine ‘suck’, stabilendo che nessuno giocherà a perdere, almeno non intenzionalmente, cerchiamo di vedere chi potrebbe trovarsi alla sommità del draft order, e chi potrebbe essere interessato a Luck.
A 0 vittorie ci sono Dolphins, Colts e Rams. Se Miami avrà la prima assoluta lo sceglie, pochi dubbi: Chad Henne ha il contratto da rookie che scade ed è fuori per tutta la stagione corrente. Indianapolis riavrà Manning con 4 anni di contratto: d’accordo parlare di eredità, ma ci sembra un po’ presto. Saint Louis ha Sam Bradford, scelto solo un paio di anni fa con la prima assoluta: i problemi sono da altre parti. I Vikings, con una vittoria in stagione, hanno Christian Ponder appena scelto ed appena gettato nella mischia, che domenica ha debuttato con alterne fortune, ma con un buon atteggiamento e molto coraggio contro la migliore squadra della lega. I Cardinals hanno un contratto fino al 2016 con Kevin Kolb, scegliere Luck sarebbe come ammettere un errore da 22 milioni di dollari, un errore che nessun’altro si accollerebbe.
Queste sono le squadre che potrebbero avere la prima assoluta. Il valore del QB di Stanford è sicuramente da prima assoluta, ma come abbiamo visto solo una squadra tra quelle che, plausibilmente, l’avrebbero sarebbe interessata.
Non è però l’unica in tutta l’NFL. Raiders e Redskins sembrano avere bisogno del giocatore. I primi hanno appena messo sotto contratto Carson Palmer, che a questo punto della sua carriera sarebbe un buon insegnante per Luck e renderebbe un servigio molto importante ad una franchigia storica in
cerca di vittorie e rilancio definitivo. Senza scelte nel primo, secondo e terzo giro del draft 2012 però Oakland non ha troppa leva da usare in un’ eventuale scambio. Washington, sotto Shanahan, sembra avere bisogno del salto di qualità in regia che valga un posto al sole in una division quasi impossibile con Philadelphia, Dallas e New York che sembrano molto più attrezzate.
Rimangono i Seattle Seahawks, l’unica altra squadra NFL senza un quarterback affidabile, anche dopo le ultime prestazioni di Charlie Whitehurst. Essere nella peggiore division della lega, in questo caso, è un handicap, visto che la società non avrà presumibilmente una scelta troppo alta, e per Luck dovrebbe scambiarla. Egli rimarrebbe sulla West Coast ed avrebbe da subito un aiuto come Sidney Rice nel corpo ricevitori.
A proposito di West Coast, Luck potrebbe non andare molto lontano dalla sua amata Stanford, università in cui è tornato per il suo anno da junior nonostante fosse sicuro della prima assoluta anche nel 2011.
Potrebbe ritrovare colui che l’ha reso un fenomeno da 180 di rating, da 70% fisso di completi. Potrebbe ritrovare Jim Harbaugh, nonostante San Francisco abbia già scelto Colin Kaepernick nel 2011 ed abbia ritrovato in Alex Smith un quarterback decente. La tentazione di ridare al nuovo head coach, che sta facendo benissimo, il suo fenomeno è sicuramente alta in California, ma bisogna prima vedere quanto Kaepernick (la cui scelta sarebbe stata dunque ridicola) possa attirare le altre franchigie.
Il nuovo accordo collettivo, che limita i contratti per i rookie e rende inutile annunciare i contratti con essi prima del draft day, renderà il giorno di aprile 2012 in cui ci sarà la scelta ancora più divertente del solito, specialmente se Miami non avrà la prima assoluta o se, improbabile, Seattle sceglierà prima di lei. Sarà una giornata difficile per i dirigenti della Florida, costretti ad origliare cosa le altre franchigie stiano tramando nell’ombra per scavalcarli.
Parlando di draft, però, va anche ricordato che ci sono altri due nomi abbastanza appetibili tra i QB in uscita dalle università americane. Sono quelli di Matt Barkley di USC e di Landry Jones di Oklahoma. Certo, non sono Luck, ma dovrebbero andare nei primi 10, distrarre le altre franchigie, e garantire ai Dolphins di poter vestire coi propri colori il numero 12 dei Cardinals.
Cosa dire di Andrew Luck stesso?
Vi risparmiamo la valanga di coccarde che si sta conquistando, dei record che sta distruggendo. Alto 1.93, è un quarterback che già alla high school lanciava bene in movimento, che più che sul risultato doveva lavorare sul metodo, visto il rilascio approssimativo. Smussata anche questa imperfezione, sembra la cosa più vicina a Peyton Manning che il sistema abbia prodotto. Dotato di un’intelligenza superiore, non sembra dover affrontare nessun “rookie wall” nella sua prima stagione, cosa che lo rende un investimento sicuro sin da subito. Assimilare un playbook è un’impresa per un giovane, ma per lui tale impresa è meno titanica. La decisione, molto discussa negli States, di tornare a scuola l’anno passato invece che essere draftato da Carolina oggi assume tutt’altra dimensione dopo che Andrew sta dominando anche questa stagione, senza il suo head coach storico e senza molti componenti della sua offensive line. Uscirà da Stanford con una laurea in architettura, quella che tanto anela, e con, salvo infortuni, la prima chiamata assoluta.
Capra e cavoli. Ed è solo l’inizio.
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