Football Americano o psicanalisi? (New Orleans Saints vs Philadelphia Eagles 12-15)

Nell’impianto che ospiterà il Super Bowl LIX si sono affrontati New Orleans Saints e Philadelphia Eagles. Le due franchigie sono arrivate a week 3 in maniera diametralmente opposta: i padroni di casa sulle ali dell’entusiasmo giustificato dal record di 2 a 0, dalla vittoria roboante in week 2 su degli annichiliti Cowboys, da un attacco che nelle mani del nuovo OC Kubiac ha portato Derek Carr ad avare il miglior passer rating della lega ed una offense che viaggia a 46 punti di media. Gli uomini in verde giunti dalla Pennsylvania erano invece di tutt’altro umore, reduci da una brutta sconfitta patita tra le mura amiche, si portavano dietro le scorie di un play calling messo sotto feroce accusa e di un gioco condito da errori di esecuzione in tutti i reparti, tanti dubbi, poche certezze e qualche fantasma del recente passato.

Su questo canale sono solito raccontare le giocate salienti di ogni singolo quarto, ma oggi mi trovo in discreta difficoltà nel farlo, specialmente per le prime due frazioni. Il primo tempo finisce infatti 3-0 per i Saints e quasi mi dispiace di non essere con Scott Hanson a guardare Redzone. E l’attacco fuoco e fiamme dei Saints? E la difesa colabrodo degli Eagles?

Nulla di tutto ciò, fin dai primi drive si vede come la pressione portata dalla linea difensiva di Philadelphia sia di ben altra pasta rispetto a quanto (non) visto contro Atlanta, Jalen Carter si fa sentire con un sack e così fa anche Jordan Davis, a pagare le conseguenze di questa sportiva aggressività è il centro dei Saints, McCoy, costretto a lasciare il campo anzitempo per infortunio. Dall’altro lato della palla i Saints fanno altrettanto, Jalen Hurts, senza A.J. Brown per la seconda domenica consecutiva, ha poche opzioni ed appare lento, prende nell’ordine un intercetto da Tyrann Mathieu, successivamente un sack e non si fa mancare nemmeno un fumble, il primo tempo della distruzione si conclude con un allegorico fake tush push non convertito.

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Nel terzo quarto piove sul bagnato in casa Eagles, DeVonta Smith, che fino a quel momento era stato, insieme a Goedert, il più coinvolto nel gioco aereo, viene travolto da un treno merci after catch ed è costretto anch’egli a lasciare il campo per concussion. Insomma, sembra che l’ineluttabile destino per noi spettatori sia la noia, ma non è così, da adesso vi racconterò un’altra partita. Consiglio, allacciate le cinture di sicurezza.

A rompere gli equilibri nel terzo quarto è Saquon Barkley, che sfruttando una voragine meravigliosamente aperta da Jordan Mailata, si invola verso la endzone e mette a segno un touchdown da 65 yard di corsa. La difesa Eagles continua a mostrarsi incredibilmente solida ed al netto di qualche corsa di un sempre elettrico Alvin Kamara, riesce a limitare New Orleans ad un field goal che porta il match sul 6 a 7 per gli ospiti.

Siamo così giunti al quarto quarto. Al termine di un drive macchinoso Philadelphia decide di tentare un calcio da distanza siderale che il povero Elliott fallisce ampiamente, mettendo così la palla in mano a Carr sulle proprie 40. Il buon Derek non si fa pregare, approfitta della temporanea assenza dell’esperto cornerback Slay per pescare Chris Olave wide open e mettere a segno un touchdown che se non ha il sapore della vittoria, ne ricorda almeno la forma, qui i Saints tentano giustamente un gioco da due punti che li avrebbe portati a più sette, ma la redzone defense di Fangio dice ancora no, 12-7 per i padroni di casa e 2’03” sul cronometro.

La catarsi

E’ inutile girarci intorno, gli Eagles sanno perfettamente lo scenario che hanno di fronte, devono fare esattamente ciò che è riuscito a Kirk Cousins non più tardi di sette giorni fa, a casa loro: il drive perfetto.  Ma come? Covey e Smith sono fuori, Dotson è un oggetto misterioso e Barkley avrà addosso tutte le calorose attenzioni dei Saints.

Con un’ottima chiamata del duo Moore-Sirianni, Dallas Goedert si ritrova la palla tra le mani e quasi incredulo inizia a correre lungo la sideline per venire atterrato a poche yard di distanza dalla endzone, a completare l’opera ci pensa il solito Barkley che con una corsa centrale porta Philadelphia prima sopra di uno e poi sopra di tre convertendo da 2, 15-12 Eagles.

E’ finita? Assolutamente no, sul cronometro c’è ancora un minuto, un’infinità.

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Carr inizia la conduzione del suo drive, ma su un tentativo di passaggio centrale irrompe Reed Blankenship, safety di Philly, con un intercetto in tuffo ed ora sì, è finita. Gli Eagles vincono 15-12 su un campo difficilissimo, dal quale non uscivano con una doppiavù da quasi due decadi.

In ambito psicanalitico e psicoterapeutico la catarsi è definita come la liberazione da un trauma o un conflitto interiore, un’evacuazione che si attua facendo riaffiorare alla mente del paziente ciò che ha prodotto proprio quel conflitto o quel trauma. I ragazzi di Sirianni, i nostri metaforici pazienti, in qualche modo si sono liberati di quel drive perfetto di Cousins ed hanno rimesso in carreggiata una stagione che rischiava di prendere prematuramente una brutta piega.

Dall’altro lato i Saints escono abbastanza ridimensionati da questa sconfitta, pur confermandosi una squadra forte e piena di potenziale, non sono riusciti a ribadire lo stesso strapotere mostrato fino ad oggi, Carr e compagni si sono affidati molto alle corse di Kamara e non sono riusciti a trovare con costanza Shaheed e Olave. In difesa si sono ben comportati portando pressione costante su Hurts e mettendo in mostra un reparto line backer di primissimo livello.

Insomma, l’NFL è questa, sembrava ci fossero tutti i presupposti per annoiarsi e poi si finisce a saltare davanti al televisore. Più di così, non saprei cosa chiederle.

A cura di Riccardo Spada – Fly Eagles Italia

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