[NFL] Super Bowl: la trasformazione di una città, Indianapolis 2012
Per un appassionato di football, al netto della squadra del cuore, il mese di Gennaio è il paese dei balocchi e il paradiso combinati.
Ci sono i playoffs della NFL, le partite più intense, storie di squadre, di giocatori e di allenatori che per meriti, per episodi o per allineamento dei pianeti, incidono il proprio nome nella storia di questo sport, giocatori invece che falliscono miseramente nel momento più importante della propria carriera.
Quest’anno solo le partite di Wild Card hanno un po’ deluso le aspettative, ma i Divisional e i Championship sono stati quanto di meglio il football ha da offrire, molte gare equilibrate, risolte all’ultimo minuto o ai tempi supplementari e prestazioni offensive e difensive da leccarsi i baffi a più riprese.
Dopo i Championship c’è una settimana di calma apparente, nella quale tutti riprendono le forze, metabolizzano i pensieri e le emozioni e finita quella sottospecie di buffonata chiamata ProBowl c’è finalmente la Super Bowl Week.
Le squadre arrivano nel luogo del delitto, così come tutti i giornalisti e tantissimi tifosi da ogni angolo, sperduto o meno, degli Stati Uniti.
Lo scorso anno ho avuto la grande fortuna di essere a Indianapolis in quella settimana e provo a raccontarvi cosa succede in quei giorni frenetici.
La città ha preparato in maniera meticolosa gli eventi che animeranno questi 7 giorni, il Comitato Organizzatore finalmente è alla prova del nove, e tutta la comunità è pronta per accogliere il pandemonio che verrà.
Il Super Bowl a Indianapolis è un mezzo azzardo per la NFL; è vero, lo stadio è al coperto, ma l’inverno da quelle parti è rigido, pungente, spesso condito da nevicate copiose che di certo non possono agevolare il movimento di decine di migliaia di persone, oltretutto circoscritto in pochi ettari.
Sì, perchè quello che distingue Indy da altre città ospitanti, è la posizione dello stadio e delle attività collaterali che, in questo caso, si trovano a poche centinaia di metri dal centro nevralgico della città.
La fortuna poi dà una grossa mano, perchè quella settimana risulterà essere una delle più calde degli ultimi trent’anni in quel periodo dell’anno e non saranno rare le serate dove si va in giro con 12/15 gradi, ovviamente con sommo gaudio.
L’aeroporto accoglie i visitatori con banners, striscioni, bandierine col logo XLVI, fioccano i chioschi che vendono magliette, felpe, cappellini e “miscellaneous” dedicate al grande evento, già mi immagino cosa potrebbe essere downtown.
Fortuna vuole che l’appartamento dove passerò la settimana è a poco più di un miglio dal centro di una città che generalmente è tranquilla, quasi deserta di sera: siamo a livello dei cespugli rotolanti del deserto dell’Arizona.
Depositate le valigie ignoro il fuso, il jet lag e la stanchezza e mi avvio a piedi, la temperatura è gelida ma me ne accorgo poco, l’adrenalina mi dà una mano a sopportare il clima… dopo 15 minuti circa arrivo a Monument Square dove davanti all’obelisco c’è installata una enorme scritta XLVI, ma non solo, al suo interno foto, animazioni e musica ti rapiscono e ti lasciano immobile ad osservare per una decina di minuti.
Davanti alla piazza ci sono esposte 33 Indy Car, ognuna dipinta con i colori e i loghi delle squadre NFL, più quella dedicata al SB, l’associazione auto+football a Indy non poteva mancare, una meraviglia.
C’è tanta gente, nonostante le 21,00 siano, per gli orari classici del midwest, “tardi”, mi avvio verso Georgia Street che è stata chiusa per accogliere il Super Bowl Village.
I nomi delle strade del circondario sono stati cambiati in Raiders Drive, Steelers St., Bengals Blvd ecc…i poster giganti appesi raffigurano Brady e Manning, i caschi delle contendenti e il meraviglioso logo con lo stadio in sfondo e quando dico giganti, intendo GIGANTI.
Alcuni megaschermi trasmettono le immagini dai due palchi allestiti sulla via dove si sono alternati per la settimana cantanti, complessi, gruppi etnici e quant’altro, per allietare gli astanti.
Sotto le lampade riscaldanti posizionate lungo la strada si formano piccoli capannelli di persone che si “ricaricano” di tepore prima di continuare, le statue di ghiaccio che tutte le sere vengono cambiate fanno la loro porca figura senza perdere una goccia, mentre sull’asfalto sono proiettati i loghi delle squadre.
Arrivo alla fine della strada, lì si incrocia Capitol Avenue, girando a sinistra si finisce dritti in bocca al Lucas Oil Stadium, mentre di fronte, dentro al Convention Center, c’è la NFL Experience e lo shop ufficiale.
Sopra c’è montata una zipline, in pratica una teleferica che partendo da una torre alta una 25ina di metri permette agli eletti di farsi Capitol Av. sospesi in aria salutando i tifosi sottostanti (prendendo anche pallonate da chi si “allena” sul campetto sintetico).
Il giorno dopo, terminato il lavoro mi ridirigo nuovamente in centro, dove non senza difficoltà dovute alla folla, visito l’NFL Shop. C’è di tutto di più, oltre a tutto il merchandising del SB, maglie vintage delle squadre, sculture in bronzo, creazioni artistiche e quant’altro. L’unico problema è il prezzo (ma va?), l’NFL ci va pesante, ma alle casse la coda è discreta.
Più avanti la piazza da dove la ESPN trasmette i vari show dal mattino alla sera con tanto di campetto nel quale mostrare le varie pantomime alle quali i vari Cris Carter e Keyshawn Johnson ci hanno abituato. Non so se in Italia si possa ascoltare su ESPN Radio, ma la trasmissione Mike & Mike del mattino è un piccolo capolavoro di giornalismo.
Il giovedì è la giornata clou, ho prenotato la visita al Lucas Oil all’una, mentre dalle 19 ho la NFL Experience.
Alla una meno un quarto mi lasciano in Monument Square (quella della scritta XLVI), ma devo ancora ritirare il biglietto al will call e scarpinare fino allo stadio.
Per fortuna il clima è mite (lo sarà incredibilmente per tutta la settimana), ma la corsa mi fa sudare come un lottatore di sumo, arrivo al will call, ma apre alle 14 !!!!
Volo allo stadio facendo il giro dell’oca grazie a un volontario imbecille (cioè, è imbecille volontariamente), passando davanti al Marriott che è sede dei Giants ed è Media Center, il Lombardi sulla facciata è maestoso.
Arrivo a quella meraviglia che è il Lucas Oil in ritardo, vado al boxoffice e con la faccia da gatto con gli stivali di Shrek chiedo alla signorina se posso fare il tour delle 13.30, confabula un po’, ma poi mi dà l’ok… olè!
Una carina dipendente dello stadio ci guida prima nella suite più bella con moquette dei Colts, poi la sala stampa che è in altissimo, si scende negli spogliatoi, quello dei Colts destinato ai padroni di casa del SB, i Patriots, bellissimo con armadietti in legno, sala training enorme, stanza di acqua-terapiae via dicendo; quello degli ospiti più spartano, ma credo che ai Giants importerà una sega dove festeggeranno.
Dagli spogliatoi facciamo il corridoio che porta al campo, il turf è bellissimo, con “sassolini” di gomma ricavati da pneumatici vecchi e al centro stanno rimontando per l’ennesima volta il palco dove nel pomeriggio Madonna farà le prove.
La sera c’è la NFL Experience e devo dire che vissuta senza tempi di attesa lunghi, con poca gente e in compagnia di una persona fantastica, è davvero una, scusate il termine poco giornalistico e professionale, spettacolare figata.
Provo a lanciare e ricevere, calcio il field goal più “wide low” della storia di questo sport (che vergogna folks), provo a fare una chiamata arbitrale dopo aver visto l’azione dall’interno del replay booth, vedo come fabbricano i palloni, vedo quelli delle precedenti edizioni del Super Bowl, anellazzi tempestati di diamanti compresi, passo a pochi centimetri dal Lombardi Trophy e ho un assaggio di quello che è esposto a Canton nella Hall of Fame, con alcune teche contenenti vecchie divise, caschi o articoli di giornale.
Vorrei avere 10/11 anni per provare tutto quello che la NFL ha messo in piedi per i bambini, anche se a tutti gli effetti mi sento esattamente come un undicenne, è tutto un “oooh” e “aaah”.
Indianapolis ha vinto il suo Super Bowl, il comitato ed i volontari hanno fatto un lavoro meraviglioso, tutte le sere è festa, tutte le sere c’è musica, c’è un viavai pazzesco di persone, famiglie, bambini con vestiti e cappelli di tutte le squadre NFL, ci si diverte (la birra aiuta), la polizia sorveglia molto discretamente anche se non ha un grosso lavoro da fare, ma per una settimana si vive football, si respira football ed esiste solo la scritta XLVI ovunque.
Visto il successo, la NFL sta pensando di mettere Indianapolis tra le città che a rotazione ospitano la finale e da quello che ho visto, è un’idea molto azzeccata.
Devo lasciare Indy proprio la domenica della partita; vedrò la finale a Boston, nella tana degli odiatissimi (almeno da me) Patriots, in un bar sport pieno di schermi TV e di tifosi e pronto a dover assistere a scene di giubilo dei presenti per la probabile vittoria di Brady e compagni.
Beh, vi lascio immaginare in che stato ho lasciato quel bar….
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